Allarme istamina: attenzione ad alcuni alimenti che potrebbero causare intossicazioni

istamina

Nell’ultimo periodo avrete sicuramente sentito parlare di allarme istamina, riferito a prodotti in scatola come tonno, acciughe, ma cos’è l’istamina e quali gli effetti collegati alla sua ingestione?

Di cosa di tratta?
L’istamina è un mediatore chimico che lancia un allarme all’organismo quando sono ingerite sostanze che per lo stesso sono pericolose. Più semplicemente può essere considerato una risposta ad un’allergene, quindi la sua produzione aumenta in corrispondenza dell’assunzione di cibi ai quali siete allergici. Si intuisce da questa prima descrizione che è possibile trovarlo in quasi tutti gli organismi vegetali e animali e anche l’essere umano produce questa sostanza. La stessa viene però degradata da un enzima conosciuto come diaminossidasi (DAO), questo vuol dire che se anche assumete cibi che contengono istamina non si scatenano reazioni allergiche. Perché allora vi è un allarme istamina? Semplice, quando le quantità contenute nei cibi sono eccessive oppure vi è un cattivo funzionamento del sistema di degradazione, si ha un livello molto alto di questa sostanza all’interno dell’organismo e di conseguenza una vera e propria reazione allergica. La sintomatologia inoltre può essere correlata anche ad una vera e propria intolleranza all’istamina. L’allarme lanciato negli ultimi mesi è dovuto però ad una cattiva conservazione dei cibi che ha portato alla proliferazione di germi e batteri e quindi ad un’eccessiva concentrazione di questo enzima che ha come conseguenza vere e proprie intossicazioni.

Intolleranza all’istamina
L’intolleranza è difficile da diagnosticare perché ha una sintomatologia del tutto simile a quella di altri disturbi gastrointestinali, in particolare quelli della colite. È possibile avvertire crampi addominali, diarrea, mal di stomaco, flatulenza. Inoltre vi sono sintomi associati più comunemente ad allergie e intolleranze da contatto come prurito, orticaria, irritazioni dermatologiche, nausea, mal di testa, difficoltà respiratorie, tachicardia. La difficoltà diagnostica è dovuta al fatto che non sono disponibili test allergologici in grado di rilevarla, questo avviene perché non si tratta di allergia, ma di intolleranza e quindi non è coinvolto il sistema immunitario. L’intolleranza nella maggior parte dei casi è temporanea, quindi compare circa 40 minuti dopo che è stata ingerita la sostanza che la contiene e tende a scomparire quando per un certo periodo si evita di ingerire alimenti che la contengono.

Quali alimenti espongono a rischi
Gli alimenti che contengono istamina possono essere divisi in due categorie: la prima con alimenti ricchi di questo enzima e la seconda con gli alimenti che liberano molta istamina, cioè che inducono l’organismo a rilasciarne molta. Tra gli alimenti ricchi si ritrovano quelli stagionati come formaggi, salame, speck, contenuto elevato anche per molti pesci e tra questi non fanno eccezione quelli conservati come tonno e alici da cui è arrivato nell’ultimo periodo l’allarme istamina con ritiro dei prodotti dagli scaffali dei supermercati. Anche alcune verdure contengono una quantità elevata di questo enzima e in particolare pomodori, melanzane, crauti, spinaci. Tra le bevande, invece, vi è il vino rosso e un suo derivato, l’aceto. Tra i cibi che invece liberano istamina vi sono fragole, ananas, cioccolato, funghi, noci e bevande alcoliche in genere. Ovviamente una dieta per intolleranti deve essere condotta tenendo in considerazione queste indicazioni. Tra gli alimenti che è possibile mangiare serenamente vi sono pasta, riso, cereali e legumi che possono essere considerati primi piatti. Per la colazione vi è alternativa tra yogurt, latte, frutta. Può essere tranquillamente gustata anche la carne, mentre per il pesce deve essere preferito quello fresco. Via libera anche ad uova e per la frutta sono da preferire mele, pesche, mirtilli, prugne e uva.

Attenzione ai farmaci che assumete potrebbero causarvi un infarto con problemi cardiovascolari

problemi cardiovascolari

Innanzitutto mai abusare dei medicinali, di qualsiasi genere.
È una massima di cui è facile scordarsi, specialmente ai giorni nostri, in cui è comune vedere farmaci da banco reclamizzati liberamente e costantemente in pubblicità televisive e meno – ma una non per questo meno vera, specialmente per quanto riguarda gli antidolorifici, il cui uso smodato è stato recentemente collegato ad un’aumentata incidenza d’infarti del miocardio e ictus.
Prima di preoccuparci e sudare freddo, però, vale la pena di rinfrescare un attimo la memoria al riguardo.

Le basi: cos’è l’iburoprofene?

Citando il comunicato dell’Agenzia Europea Medicinali (o EMA nella sigla inglese) che ha lanciato l’allarme, l’ibuprofene è un medicinale antidolorifico e anti-infiammatorio: esso agisce bloccando un enzima chiamato ciclossigenasi, che produce prostaglandine, sostanze coinvolte nel processo infiammatorio e causa di dolore. L’ibuprofene si trova in medicinali utilizzati per trattare il dolore,
l’infiammazione e la febbre; la dose abituale per gli adulti e i bambini sopra i 12 anni di età è di 200-400 mg, 3 o 4 volte al giorno se necessario.

Detto questo, passiamo al resto del comunuicato.

Antidolorifici e problemi cardiovascolari: il colpo al cuore del PRAC

La notiza non è particolarmente recente – risale al 16 aprile 2015 l’avvertimento lanciato dal Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (“Comitato Valutazione Rischi per Farmacovigilanza”, meglio conosciuto come PRAC), branca dell’Agenzia Europea dei Medicinali la quale ha concluso che, in seguito alla revisione di vari studi clinici e letterari, è possibile tracciare una diretta connessione tra un’aumentata incidenza di problemi cardiovascolari tra i pazienti che consumano elevate dosi di farmaci a base di iburoprofede (2.400mg in su al giorno).

Pessime notizie per tutti coloro che fanno affidamento su questi farmaci per lenire le proprie sofferenze, quindi? Sì e no.
La revisione, pur raccomandando cautela con la somministrazione di questi farmaci e un attento consulto col proprio medico prima di procedere alla loro assunzione – indipendentemente dal loro essere ‘da banco’ o meno – fa anche presente che, in dosi limitate o comunque inferiori ai 1.200mg giornalieri (peraltro le dosi raccomandate per i farmaci di questo tipo nell’Unione Euroepa), non si sia osservato alcun aumento di problemi cardiovascolari; inoltre, ciò che il PRAC suggerisce non è un bando totale al loro uso sopra quella soglia né una diffida al loro impiego, al contrario ha concluso che i benefici che offrono superano i rischi che pongono.

Ciò che il PRAC prescrive è di aggiornare i consigli per l’uso di questi farmaci a base iburoprofenica (o dexibuprofene, che ha presentato effetti e rischi simili) e di evitare la somministrazione ad alte dosi per i pazienti affetti da gravi patologie cardiocircolatorie (eg. insufficienza cardiaca, malattie cardiache, problemi circolatori, precedenti infarti o ictus); inoltre, i medici devono tener conto di ulteriori fattori di rischio per il paziente in caso di lunghi trattamenti iburoprofenici ad alto dosaggio, come fumo, diabete, pressione o colesterolo alto.
In tutti questi casi, il consiglio opportuno è quello di tenere il dosaggio al minimo possibile al fine di non causare rischi per il paziente senza che questo risenta del dolore causato dalla non assunzione degli antidolorifici.

 Iburoprofene, altri farmaci e voi: come regolarsi

I farmaci in commercio a base di iburoprofene sono molti – Moment e Voltaren sono giusto due dei nomi più conosciuti – e, come già menzionato, ampiamente reclamizzati per piccoli dolori e fastidi insistenti.
Il PRAC si è espresso al loro riguardo, consigliando appunto di essere cauti con la loro assunzione, evitare di abusarne e consultare un cardiologo per essere certi di non incorrere in rischi eccessivi specialmente nel caso di precedenti con problemi cardiovascolari, ma non ne vieta l’ultilizzo.

Il PRAC si è anche espresso, però, su altri farmaci come i FANS (Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei), tra cui gli inibitiori COX-2 e il diclofenac, dicendo di prestarvi la medesima cautela dopo aver riscontrato simili effetti all’iburoprofene quando assunti in dosi similmente elevate, e anche sull’aspirina quando assunta al fine di ridurre problemi cardiovascolari in dosi moderate: in questo caso il PRAC ha osservato che il suo effetto anti-aggregante è stato indebolito dall’iburoprofene, pur specificando che non è certo sul lungo termine se l’impatto sia sufficientemente serio da pregiudicarne l’effetto nel complesso e renderla inadeguata a prevenire infarti del miocardio e ictus.
Il suo uso occasionale, però, nella maggioranza dei casi non ha dimostrato di avere impatto significativo ed è quindi sicuro per l’assunzione.

Autunno e influenza: ecco cosa mangiare per avere difese immunitarie forti

influenza

Come ogni anno, all’inizio dell’autunno, si torna a parlare di influenza e sindromi parainfluenzali. Le prime previsioni sull’influenza 2017/2018, al momento, parlano di 4-5 milioni di possibili casi di contagio e della presenza di un solo ceppo nuovo, ma molto simile a quello dello scorso anno. Quindi, si prospetterebbe un’epidemia non particolarmente aggressiva. Per quanto, la virulenza potrà essere condizionata dagli eventi meteorologici; infatti, un inverno particolarmente lungo e rigido aumenterà le possibilità di ammalarsi rispetto ad un inverno più mite. In ogni caso, tutti quei sintomi, sgradevolissimi, che accompagnano l’influenza e vanno dalla febbre ai brividi di freddo, dalla nausea ai dolori articolari, dal mal di gola alla tosse stizzosa e la prospettiva di dover rimanere per qualche giorno lontani dal lavoro e dalle attività quotidiane non ci piace per niente. Naturalmente l’influenza non è una malattia grave, sebbene, a volte, possa diventarlo, ma è molto, molto fastidiosa. Inoltre, come tutti voi sapete, il modo migliore per guarire, presto e bene, è stare a casa, a riposo, preferibilmente a letto. E questo, purtroppo, non sempre è possibile; scadenze al lavoro, bambini piccoli da accudire, insomma tutta quella serie di attività quotidiane che incombono, non facilitano certo il riposo e la tranquillità. Esiste il vaccino, certo, ma naturalmente è consigliato soprattutto per i soggetti a rischio, nella fattispecie anziani e persone affette da gravi patologie, nelle quali, anche una banale influenza può comportare conseguenze importanti per la salute. Poi, comunque, con i primi abbassamenti della temperatura anche i virus parainfluenzali sono in azione, colpendo migliaia di persone con sintomi sovrapponibili, sebbene più leggeri, a quelli dell’influenza vera e propria. Cosa possiamo fare per aiutare il nostro organismo ad incrementare le difese immunitarie? E cosa mangiare per avere difese immunitarie forti?

Cibi alleati per combattere l’influenza, vediamoli insieme:

Il brodo di pollo, soprattutto se preparato anche con le ossa, e lo sapevano già le nostre nonne, svolge una funzione antiinfiammatoria e rinforza il sistema immunitario. Inoltre, se assunto alla comparsa dei primi sintomi, ha un effetto fluidificante sulle alte vie aeree. Loyogurt magro risulta essere un prezioso alleato per la nostra salute in quanto favorisce il mantenimento di una efficace flora batterica intestinale. Via libera anche a salmone e pesce azzurro, ricchi di omega tre e coenzima Q10 che recenti studi hanno visto avere azione benefica sul sistema immunitario e contro i radicali liberi. Il mondo vegetale poi, offre una notevole varietà di nutrienti in grado di rinforzare il sistema immunitario. In primis, l’aglio, che, contenente allicina e solfuro, contrasta le infezioni e aiuta a eliminare le tossine. Funziona da vero e proprio antimicrobico naturale. Seguono gli alimenti ricchi di vitamina C, come i frutti di bosco che possono essere consumati come spuntino a metà mattina, arance, kiwi e limoni. Quest’ultimo, utilizzato con l’aggiunta di erbe aromatiche come salvia, rosmarino, timo e origano, per condire carne bianca alla griglia e pesce azzurro, aumenta notevolmente il suo potenziale benefico. Anche carote e zucca gialla, entrambe ricche di betacarotene, come tutti gli ortaggi di colore arancione, sono utili per combattere le infezioni e contrastare l’effetto dei radicali liberi. Inoltre sembra che abbiano un’azione di supporto sui linfociti T, particolarmente implicati nella difesa del nostro organismo. Un ruolo particolarmenre importante sembrano svolgere i funghi in particolare shiitake, maitake e reischi, ricchi di betaglucani, cioè carboidrati complessi che sostengono il sistema immunitario nella lotta contro le malattie. Da secoli presenti nella cucina giapponese, da qualche anno sono conosciuti anche in Italia. Si utilizzano essiccati perché così sono presenti in commercio e sono considerati dei veri e propri antibiotici naturali. Non dimentichiamoci del miele grezzo, che non solo sostuisce gli zuccheri raffinati che andrebbero evitati, ma costituisce una fonte notevole di enzimi, vitamine e minerali, utilissimi per il sistema immunitario.

Altri consigli utili

A supporto del ruolo fondamentale di una corretta alimentazione, è opportuno mettere in atto piccoli accorgimenti quotidiani che rendono le nostre difese immunitarie efficaci. Molti studi concordano nell’affermare che dormire otto ore a notte si riveli necessario per la “salute” del sistema immunitario, così come l’esposizione al sole e la pratica di una leggera e costante attività fisica. Lo stress, invece, contribuisce a diminuire la risposta immunitaria, quindi, andrebbe, se possibile, evitato. L’assunzione di 2 litri di acqua al giorno, favorisce l’eliminazione delle tossine e consente un’idratazione ottimale per l’organismo. Un’ultima, importantissima, raccomandazione, è quella di lavarsi spesso e accuratamente le mani, soprattutto dopo aver soggiornato in ambienti chiusi o sovraaffollati.

Il problema delle vene varicose da oggi è facilmente risolvibile

vene varicose

Per risolvere il problema delle vene varicose è importante prima capirne la patologia e il significato, avendo ben chiaro cosa esse siano. In realtà sono definibili come disturbi derivanti dalle eccessive dilatazioni delle vene, soprattutto nelle gambe, generando, di fatto, un aspetto estetico che pone a disagio le persone di sesso femminile, più soggette al problema.
Le vene varicose possono dipendere da diverse cause e non solo da ciò che viene definito come insufficienza venosa: peso eccessivo, vita sedentaria, trombosi, circolazione, vasi sanguigni, tono muscolare, sono i principali fattori generatori del problema. Oltre al disagio prevedibile dell’aspetto estetico, chi ne soffre può vedere manifestarsi anche problemi di gonfiore alle gambe e ai piedi, eccessiva stanchezza, dolori e accentuata sensibilità.
Per agire sulle vene varicose è possibile servirsi di cure composte da sostanze naturali oppure seguire le cure farmacologiche. Il problema si manifesta soprattutto nelle persone anziane, ma le più giovani non sono certo immuni, soprattutto quelle che hanno una propensione ad ingrassare.
Vite rossa, ippocastano, centella asiatica, cono solamente alcune sostanze presenti in natura in grado di alleviare i fastidi derivanti dalle vene varicose, mentre dal punto di vista farmacologico sono da preferire quei farmaci che hanno il preciso compito di rinforzare le pareti venose, conferendo tono e favorendo la circolazione.

Come cercare di risolvere il problema delle vene varicose: possibili rimedi

Il problema delle vene varicose è gestibile ed eventualmente risolvibile grazie ad alcune accortezze, anche piuttosto semplici da seguire, a partire dal controllo del peso, fattore importante che influenza direttamente la formazione della patologia. Controllando il proprio peso corporeo si evita almeno che i sintomi possano degenerare e peggiorare la situazione.
Altro possibile rimedio è la pratica di un’attività sportiva che possa coinvolgere in maniera uniforme le gambe: niente tennis o calcio, ma è preferibile il nuoto, il nordic walking o la camminata veloce.
Un metodo per cercare di limitare il problema delle vene varicose è quello di mantenere le gambe leggermente sollevate quando si è in posizione sdraiata: applicare un cuscino sotto i polpacci o sotto i piedi è uno stratagemma utile e semplice da mettere in pratica. Qualora la situazione fosse particolarmente grave, sarà necessario prevedere un letto che possa avere la parte dei piedi rialzabile.
Una delle cause della formazione delle vene varicose è un eccessivo ristagno del sangue, il quale non circola a velocità sufficiente: esistono calze elastiche appositamente pensate per svolgere un’azione di compressione controllata che ha il compito di stimolare i capillari e l’intera circolazione. Un aiuto deriva anche dal continuo cambio di posizione, evitando così formicolii e rigonfiamenti.
Le attività da evitare sono quelle che implicano fatica e pesantezza di gambe: trascorrere molto tempo in piedi non è certo favorevole alle gambe, così come calzare scarpe strette o con i tacchi alti, evitare affaticamenti in luoghi particolarmente caldi, dato che il calore accentua il fenomeno dilatatorio, permanere a lungo nella medesima posizione.

L’importanza dell’alimentazione per risolvere il problema delle vene varicose

Ci sono alimenti, cibi e sostanze che possono avere un’influenza positiva sulla riduzione delle vene varicose: il sovrappeso infatti, è una delle principali cause scatenanti del problema e quindi è importante svolgere una dieta ipocalorica non soltanto finalizzata a dimagrire e perdere chili, ma composta da un’alimentazione che sia anche finalizzata a sgonfiare. Una componente determinante è data dai liquidi: bere molto o consumare alimenti e bevande che abbiano una funzione drenante risulta essere un valido aiuto, così come consumare in quantità frutta e verdura, soprattutto alimenti che contengono un alta concentrazione di antiossidanti e vitamine, soprattutto la C e la E. Meglio poi evitare grassi, fritti, alimenti dalla digestione complessa, ma preferire invece cibi semplici, sani, naturali e con proprietà nutritive importanti. Chi poi eviterò di fumare e di consumare alcoolici sarà avvantaggiato nella gestione positiva delle vene varicose. Ovviamente sono ammessi anche gli integratori, da assumere dietro consiglio medico finalizzando il consumo alla riduzione del problema manifestatosi.

Raffreddore: ecco i rimedi naturali! I trucchi per stare meglio..

raffreddore

L’estate è finita e con l’autunno e l’inverno ormai alle porte ecco ritornare immancabile il raffreddore, un malanno leggero ma in grado di rendere difficili le nostre giornate. Per evitare complicazioni e proteggersi contro il raffreddore è possibile utilizzare alcuni rimedi naturali, dei trucchi che aiutano a stare meglio prevenendo e curando i malanni di stagione. Comunque è sempre utile evitare alcuni comportamenti a rischio, non esponendosi volontariamente a microbi e batteri. Per esempio è importante non uscire di casa durante le ore più fredde se possibile, almeno bisogna coprirsi a strati per gestire le differenze di temperatura tra l’esterno, l’interno le diverse ore del giorno. Inoltre aiuta molto proteggere i punti più delicati del corpo soprattutto nelle giornate di vento, specialmente il collo, la mani e la testa.

Curare l’alimentazione per evitare il raffreddore

La maggior parte dei rimedi naturali contro il raffreddore sono di tipo alimentare. Arricchendo la propria dieta con alimenti ricchi di vitamine, Sali minerali e antiossidanti è possibile rinforzare le difese immunitarie e proteggersi dal raffreddore e dagli altri malanni di stagione. Per esempio l’aglio è un ottimo antibatterico e un antinfiammatorio molto potente, ideale sia per prevenire che per riprendersi velocemente. Grazie all’allicina l’aglio protegge le mucose interne, inoltre può essere sia inserito come alimento che fungere da ingrediente per preparare tisane e infusi, con l’unica controindicazione che lascia l’alito non proprio profumato. Altrettanto efficace è il miele in particolare il propoli, che rinforza sia le difese immunitarie che le vie respiratorie, un alleato importante contro raffreddori, mal di gola e tosse. Sono ottimi rimedi naturali anche tutti quegli alimenti ricchi di vitamina C, ossia di acido ascorbico, come le arance, le fragole, le ciliegie, i kiwi ma anche i pomodori, la lattuga e gli spinaci. Oltre a proteggere dai malanni di stagione contrastano quelle fastidiose allergie tipiche dei periodi autunnali e primaverili.

Le tisane e gli infusi per proteggersi dai malanni di stagione

Un eccellente rimedio contro il raffreddore sono le tisane e gli infusi alle erbe aromatiche, piante medicinali usate da millenni nella medicina tradizionale per curare malanni e semplici patologie. Tra quelle che vantano i migliori risultati c’è il ginger, molto usato nella medicina cinese e particolarmente efficace se preso prima di andare a dormire con l’aggiunta di un cucchiaino di miele. Altrettanto indicate sono le tisane allo zenzero, una radice ricca di oli essenziali con ottime proprietà antinfiammatorie e digestive. Potete preparare facilmente un infuso grattugiando dello zenzero e aggiungendolo a un tè bancha ben caldo. Al posto dello zenzero potete usare anche la cannella, una spezia che è un antibiotico naturale e un forte antibatterico. In questo caso basta collocare un bastoncino di cannella dentro un tè caldo e aspettare almeno 10 minuti di infusione, si otterrà velocemente un sollievo molto duraturo.

Qualche piccolo trucco per riprendersi in fretta dal raffreddore

Infine ecco qualche piccolo trucco per curarsi dal raffreddore, riprendendosi rapidamente dai classici malanni di stagione. Un ottimo rimedio naturale sono le docce con acqua molto calda, in grado di rilassare il corpo e donare una sensazione di allevio. Ancora più efficaci sono le inalazioni di acqua bollente e sale, quest’ultimo infatti è un ottimo rimedio contro la congestione nasale e per di più svolge anche un’azione disinfettante. Se non volete usare il sale potete sostituirlo con delle foglie di eucalipto, una pianta medicinale altrettanto efficace. Lo stesso eucalipto può essere utilizzato come estratto, basta versarne alcune gocce su di un fazzoletto prima di soffiarsi il naso ottenendo un sollievo immediato e riducendo le irritazioni cutanee del naso. Infine per riprendervi dal raffreddore non esiste niente di meglio del riposo. I virus di stagione hanno i loro tempi di incubazione e di manifestazione, non stressatevi inutilmente. Concedetevi uno o due giorni di riposo, bevete tanta acqua, aiutatevi con qualche rimedio naturale e vedrete che il raffreddore passerà via rapidamente.

Zucchero di canna o zucchero bianco? Attenzione a quale scegliete!

zucchero di canna

Negli ultimi tempi si sente parlare molto in giro, per i social, sui giornali e sui blog delle differenze fra zucchero di canna e zucchero bianco. Sono scoppiate numerose polemiche a riguardo e non sono, come di consuetudine, mancate anche le bufale.

Per quanto riguarda la produzione dello zucchero di canna, questa prevede in primis il togliere dalla canna da zucchero le foglie per estrarne il saccarosio e successivamente la macinazione della canna da zucchero, da cui deriverà lo zucchero di canna grezzo. Successivamente si procede con l’estrazione del succo grazie alla macerazione e alla torchiatura. Una volta formatosi il succo, esso viene raffinato e cioè ne si eliminano le impurità. Da qui è possibile ottenere un liquido contenente il 60% di saccarosio che viene fatto sbiancare con acido fosforico e idrossido di calcio. Infine vi è il processo di cristallizzazione da cui si ricava la massa cotta grazie alla bollitura. La massa cotta che viene centrifugata e da essa si formano lo zucchero di prima qualità e uno scolo che viene centrifugato ulteriormente per diventare zucchero di seconda qualità (anche detto brown sugar). In base alla richiesta dei consumatori si effettua la decolorazione come processo conclusivo.

Mentre solo dal XIX secolo viene prodotto lo zucchero che deriva dalla barbabietola da zucchero che contiene un’ottima dose di saccarosio.
Per produrlo vi sono varie fase, la prima fra tutte è quella della pulizia della radice della barbabietola dal fogliame, perché è proprio dalla radice che si estrae il saccarosio della barbabietola. Poi si prosegue con le parti più tecniche: dapprima si effettua la trinciatura, ovvero la tecnica con cui si affettano meccanicamente le radici della barbabietola da zucchero, poi si continua con la diffusione, cioè l’estrazione del saccarosio da una soluzione acquosa, si prosegue con la carbonazione che altro non è che il processo tramite cui si estraggono tutte le impurità e gli elementi che non sono zucchero dalla soluzione acquosa, da qui si passa all’evaporazione, grazie alla quale la soluzione acquosa diventa più densa e quindi più concentrata. Infine vi è la cristallizzazione in cui il liquore madre viene sottoposto a bollitura che lo concentra e addensa ancora di più per poi farlo raffreddare. Da qui si ricava uno zucchero grezzo di bassa qualità.

Stando alle statistiche del 2014, il consumo annuo pro capite di zucchero bianco equivale a ventiquattro chilogrammi, praticamente due chili al mese. Alcuni la definiscono una dipendenza, c’è a chi questa parola non piace ma di fatto è un abuso consistente. Se si pensa a tutti i procedimenti a cui è stato posto si inizia a storcere un po’ il naso, sopratutto per tutte le sostanze con cui è venuto in contatto per presentarsi così bianco e candido. Infatti tutti quei processi sopra elencati non fanno che snaturare il saccarosio tramite agenti chimici che di certo non fanno bene alla salute dell’uomo, come l’acido solforoso per schiarirlo o il catrame di origine petrolifera per sbiancarlo completamente.
L’assunzione persistente e massiva dello zucchero bianco portano irrimediabilmente ad effetti collaterali quali la cellulite, la formazione di cuscinetti adiposi la ritenzione idrica, ad un livello sempre più alto di glicemia nel sangue e di conseguenza ad un innalzamento di insulina prodotta dal pancreas che potrebbe portare a delle vere e proprie crisi ipoglicemiche, per concludere in bellezza questo abuso favorisce la comparsa di malattie metaboliche come ad esempio il (sempre più diffuso) diabete.

Bisogna sottolineare che lo zucchero bianco non lo si assume soltanto quando lo si versa nel caffè per addolcirlo o quando lo si miscela alle farine per farne dei dolci. Lo zucchero bianco è infatti sempre più presente in cibi surgelati perché ne permette una migliore conservazione, nelle bevande dissetante (come quelle gassate), negli integratori alimentari, nei condimenti e sughi già pronti, nello yogurt, nel pane (ma anche in tanti altri farinacei) e, immancabile, nell’alcool.
A questo punto è facile capire come sia difficile uscire indenni da questo circolo vizioso.

È quindi più consigliata l’assunzione di zucchero di canna in sostituzione a quello bianco, laddove possibile, non solo per ridurre l’apporto calorico ma anche per prevenire quelle malattie e quegli inestetismi riportati sopra. Di certo lo zucchero di canna non è un prodotto privo di controindicazioni ma sicuramente la sua assunzione è ritenuta meno aggressiva e più contenuta di quella dello zucchero bianco.
In ogni caso si consiglia un minore uso dello zucchero, che sia bianco o di canna.

Ernia Iatale: molte persone non sanno di averla, attenzione ai sintomi e all’alimentazione

ernia iatale

CHE COS’È L’ ERNIA IATALE

L’ernia iatale è una patologia che affligge molte persone e comporta la risalita di una parte dello stomaco nella cavità toracica attraverso lo iato esofageo, l’orifizio presente nel diaframma, che consente il passaggio dell’esofago.
Ne esistono tre diverse tipologie: da scivolamento, fissa e mista (o complicata).
La prima è quella diagnosticata più spesso, ma nello stesso tempo non è grave: la porzione di stomaco erniata entra ed esce dalla cavità toracica.
La seconda è più rara, ma anche più pericolosa: si tratta, infatti, di una migrazione permanente di una parte dello stomaco che di conseguenza può strozzarsi.
La terza è ancora meno frequente: in taluni casi l’intero stomaco forma un’ernia nella gabbia toracica.

CAUSE E SINTOMI

Vi sono diverse ipotesi accreditate, in merito alle cause, che determinano l’insorgenza dell’ernia iatale.
Il passaggio dello stomaco attraverso lo iato esofageo può essere favorito in caso abbiate un esofago più corto del normale.
Lo iato può facilitare l’insorgenza della patologia qualora la sua larghezza sia superiore rispetto a quella fisiologica.
Se siete in sovrappeso e se soffrite di disturbi quali asma, lordosi e scoliosi allora
non sono trascurabili le eventuali modifiche a carico del diaframma.
Da non dimenticare, infine, la perdita di elasticità dell’innesto tra stomaco ed esofago per ripetute deglutizioni e disfunzioni digestive.
Esistono, poi, i cosiddetti fattori di rischio che possono esporvi all’insorgenza della patologia.
I più comuni sono: l’obesità, l’assunzione di posture scorrette, il fumo di sigarette, il trascorrere degli anni, lo stress e la genetica.
Attenzione agli sforzi, specie se ripetuti nel tempo, e al sollevamento pesi.
L’ernia iatale è spesso asintomatica e l’unica manifestazione è l’eruttazione.
La parte di stomaco, penetrata nella cavità toracica, si riempe d’aria, si gonfia e vi provoca dolore.
Per percepire un senso di benessere dovete eruttare, ciò si verifica nel momento in cui la pressione gastrica eguaglia quella atmosferica.
I sintomi che contraddistinguono l’ernia iatale possono coinvolgere l’apparato gastro enterico e quello cardiorespiratorio.
A livello gastrico potete accusare: bruciore alla bocca dello stomaco e rigurgito acido (segni del reflusso gastroesofageo), costipazione o dissenteria, cattiva digestione e perdite di sangue.
A livello cardiorespiratorio vi segnaliamo: alterazioni della frequenza cardiaca, tosse, faringite e raucedine.
Altri segnali sono: gusto amaro in bocca, alitosi e abbondante salivazione.
Vi sono, infine, sintomi che possono indurvi a confondere l’ernia iatale con l’infarto del miocardio: problemi respiratori, dolore sotto lo sterno all’altezza della bocca dello stomaco e stato di agitazione.

CURE ED ALIMENTAZIONE

L’approccio seguito per curare l’ernia iatale è di tipo conservativo o chirurgico. Il primo richiede che voi cambiate radicalmente il vostro stile di vita. Ciò che dovete fare, in caso di sovrappeso o obesità, è dimagrire.
Queste due condizioni sono, infatti, responsabili dell’incremento della pressione sull’addome e sullo stomaco.
Per voi è indispensabile seguire un regime alimentare appropiato fatto di circa 2000 KCal giornaliere distribuite in 5 pasti.
In questo modo il vostro stomaco non si riempie mai eccessivamente e si svuota in breve tempo, contrastando così l’insorgenza del reflusso.
Prestate attenzione a non assumere piatti troppo elaborati particolarmente grassi, fritture, cibi speziati, frutti acidi come arance e pompelmi, cioccolato, caffè, bibite gassate ed alcolici.
Cercate, inoltre, di limitare il fumo di sigaretta e se possibile non abusate di farmaci quali, per esempio, gli antinfiammatori non steroidei.
Evitate di sollevare pesi e dopo aver consumato il pasto aspettate due ore prima di coricarvi.
É buona abitudine dormire con un cuscino che mantenga la vostra testa sopraelevata, in tal modo il contenuto dello stomaco non risale per effetto della gravità.
L’intervento chirurgico si esegue, di solito, in laparoscopia e si rende necessario qualora, non riusciate a tenere sotto controllo i sintomi e, insorga il rischio di gravi complicanze.
Questo tipo di approccio ha una percentuale elevata di successo e porta quasi sempre ad una regressione totale della patologia.

Mancanza di ferro: sintomi e rimedi naturali per risolvere il problema

mancanza di ferro

Se soffrite di mancanza di ferro, prima di pensare a cosa potreste mangiare per ripristinarne i valori minimi nel sangue, bisognerebbe escludere che tale mancanza non sia dovuta ad altre cause, ad esempio alle patologie riconducibili a vari tipi di anemie che, se confermate, andrebbero curate in modo diverso piuttosto che andando ad agire semplicemente sulla dieta. Infatti, le anemie sono tutte collegate alla carenza di ferro che, essendo la componente fondamentale dell’emoglobina, costituisce gran parte dei globuli rossi e interviene principalmente per il trasporto di ossigeno nel sangue. Nei casi più lievi, la carenza di ferro da anemia è asintomatica o presenta sintomi lievi, come pallore, vertigini, nausea, debolezza, capelli e unghie fragili, vertigini. In tal caso, prima di modificare la dieta o assumere integratori, dovreste rivolgervi al medico per effettuare una serie di esami diagnostici, finalizzati a verificare l’esatta causa della carenza di ferro.

Le cause della mancanza di ferro

Una volta che avrete escluso le anemie, come causa della mancanza di ferro, allora dovrete indagare sulla occorrenza di uno o più dei seguenti fattori:

dieta povera di carne e ricca di cereali integrali;
eccesso di crusca nell’alimentazione giornaliera;
insufficiente assorbimento del ferro dovute a non adeguata secrezione di acido cloridrico durante la digestione;
diarrea e/o abuso di purgativi;
eccessive perdite di sangue per epistassi frequenti e/o mestruazioni abbondanti;
gravidanza e conseguente allattamento;
sport usuranti e prolungati.

Il ferro nell’organismo

Il ferro nel sangue svolge moltissime e importanti funzioni metaboliche e biochimiche, e il suo livello nel sangue viene mantenuto normale attraverso l’alimentazione e l’assorbimento del cibo ingerito a livello intestinale. Il ferro viene quindi immagazzinato e messo a disposizione dell’organismo nel momento del bisogno grazie all’azione del fegato e all’azione di due proteine, e viene assorbito dalla mucosa dell’intestino in maniera proporzionale al fabbisogno. Il consumo giornaliero di ferro viene ripristinato quindi dal ferro contenuto negli alimenti tale quantità sia di 10 grammi al giorno per gli uomini, e 18 grammi per le donne. Quindi, se vorrete colmare l’eventuale mancanza di ferro nel vostro sangue, dovrete selezionare cibi ricchi di ferro e abbinarli in maniera tale da poterne assorbire la massima quantità possibile. Inoltre, ricordate che solamente una percentuale del ferro presente negli alimenti viene assorbito e che alcuni alimenti hanno la facoltà di aumentare o ridurre l’assorbimento del ferro quando combinati con altri alimenti.

Alimenti ricchi di ferro

La principale fonte di ferro è la carne, fonte primaria, seguita poi dal pesce, dalle uova (soprattutto il tuorlo), dai legumi secchi, dai cereali, dalle verdure a foglia verde, e dalla frutta secca. Tra questi è poi individuare quelli che ne sono particolarmente ricchi, come:

– tra le carni, quelle rosse, il fegato e la carne di cavallo;
– tra i legumi, le lenticchie;
– tra i pesci, quello azzurro;
– tra le verdure, la rucola e gli spinaci (basti pensare a Braccio di Ferro);
– le alghe commestibili;
– i frutti di mare;

Come sopra accennato, ci sono poi degli accorgimenti per esaltarne l’assorbimento. L’utilizzo di spezie ricche di ferro, come lo zenzero o il cumino, ad esempio, oltre a rendere saporiti i vostri piatti, garantiscono un apporto di circa 0,6 mg e 66,4 mg rispettivamente per ogni 100gr di spezia utilizzata. Oppure si possono combinare particolari sostanze agli alimenti sopra menzionati, ad esempio:

– aggiungere il limone, che contiene acido citrico, alla carne o al pesce, aumenta l’assorbimento del ferro;
– consumare insieme ai cerali cipolla e aglio (pensate ad una saporita bruschetta) aumenta del 70% l’assorbimento del ferro;
– spremute d’arancia o di altri agrumi facilita l’assorbimento del ferro contenuto nei cereali (l’ideale per una colazione salutare);
– utilizzare il cacao amaro, per la preparazione di dolci o da mettere nel latte a colazione, in quanto oltre a stimolare il buon umore, contiene 14,3 mg di ferro per ogni 100 gr di prodotto utilizzato.
Ci sono, infine, gli alimenti da evitare, così come anche le combinazioni tra alimenti, in quanto ostacolano l’assorbimento del ferro, quali il the e il caffè, e gli alimenti integrali, che assorbono quantità irrisorie di ferro e sono quindi da evitare solo in casi di grave mancanza di ferro.

Ansia: come riconoscerla, cause e rimedi naturali

ansia

L’ansia e le sue cause
Negli ultimi anni l’ansia è uno dei disturbi più frequenti nella nostra società, ma da cosa deriva? Perché sta diventando un male così diffuso?
Per capire quali sono le cause scatenanti del diffondersi di questo problema è possibile osservare quali sono le differenza tra gli attuali stili di vita e quelli del passato.
La qualità della vita presente è probabilmente la più alta che si sia raggiunta da un punto di vista sociale.
Non mancano di certo gli oistacoli, ma le opportunità a disposizione sono davvero innumerevoli.
Grazie al web si sono accorciate le distanze, viaggiare è molto più semplice ed economico e anche il lavoro è stato reso meno faticoso da un punto di vista materiale, ma paradossalmente questa vita più facile provoca stati d’animo di paura e preoccupazione, perchè se è vero che molte cose sono più semplici dall’altro sono aumentate in maniera sproporzionata le aspettative che si nutrono per sé e per la propria vita.
Non sempre infatti le persone riescono a tenere i ritmi imposti dalla nostra società e se ci riescono questo avviene spesso con grande stess psichico.
Essere sempre raggiungibili può dare sicurezza, ma può anche farvi sentire perennemente controllati.
In ogni momento potete ricevere la chiamata di genitori, figli, colleghi, datori di lavoro, amici clienti e così via.
Staccare la spina è sempre più difficile e tenere il passo per rispondere a tutte le aspettative personali e sociali può far avvertire sensazioni di inadeguatezza e paura di non farcela.

Quali sono i sintomi che devono destare preoccupazione.
La prima cosa da capire è che l’ansia non sempre è un male. Al pari di altri sentimenti come la rabbia o la tristezza vi segnala che qualcosa ha bisogno di attenzione.
Avrete sicuramente sperimentato questo tipo di sensazione in accezione positiva. Capita spesso agli studenti che, proprio grazie alla paura di non farcela, riescono a dare il meglio di sè a pochi giorni degli esami o ai lavoratori che, prossimi ad una consegna, riescono a far emergere energie inaspettate.
Quando vi sentite sotto pressione perché c’è un valido motivo potete usare questa sensazione per rendere al meglio.
Dovete invece correre ai ripari se l’ansia:
– è immotivata,
– smisurata rispetto a quello che bisognerà affrontare,
– impedisce di svolgere le normali azioni della vita quotidiana.
I campanelli di allarme di questi tipi di situazioni a volte sono molto palesi.
Ci sono persone che vengono colte da veri e propri attacchi di panico. Altre riescono a controllarsi e a non mostrare segni pubblici di ansia, ma non è detto che non vivano una patologia invalidante.
Dovete preoccuparvi se la paura che le cose vadano male vi impedisce di agire anche per le attività più banali come un’uscita con gli amici o accettare una mansione lavorativa alla vostra portata.
Occorre ricordare che può trattarsi di una vera e propria patologia. Non siete obbligati a far sapere a tutti che ne soffrite, ma è fondamentale che lo ammettiate a voi stessi per poter chiedere aiuto.

Quali sono i rimedi più efficaci.
Il rimedio più efficace dipende anche dalla gravità del problema.
Una leggera ansia può addirittura essere produttiva, quando invece questo sentimento degenera in patologia è necessario rivolgersi al personale competente per farsi aiutare.
Chi vive forme più lievi di ansia può adottare semplici accorgimenti che possono aiutare a star meglio e risolvere del tutto il problema:
1 – Abituarsi a vivere nel presente. Troppo spesso ci si lascia prendere dalla preoccupazione per eventi lontani nel tempo e per i quali oggi non si può fare nulla. Questo atteggiamento non produce risultati, bisogna quindi spostare l’attenzione solo su ciò che è importante o per cui si può agire ora.
2 – Imparare a staccare la spina. Evitate di essere sempre raggiungibili. Fissate degli orari in cui spegnerete il telefono e vi dedicherete solo a voi stessi.
3 – Evitate la competizione con gli altri. Oggi le opportunità sono davvero troppe e non basta una sola vita per coglierle. Voler fare tutto ciò che fanno gli altri genererà solo frustrazione. Focalizzate l’attenzione solo su ciò che è importante per voi.
Se questi rimedi non dovessero bastare chiedete aiuto ad uno specialista e non lasciate che l’ansia rovini la vostra vita.

Acne: una malattia della pelle che colpisce adulti e adolescenti

acne

L’acne è una malattia della pelle che può colpire adulti e adolescenti, creando disagio e insicurezza. La forma più comune provoca inestetismi principalmente sul viso, alterandone l’estetica e generando fastidio e imbarazzo. Nei casi più gravi, invece, può comparire anche su altre parti del corpo, come schiena, petto e collo. In questo articolo, spiegheremo cos’è l’acne e quali sono in rimedi più efficaci per combatterla.

Cos’è l’acne

L’acne è una malattia cronica della pelle che si determina a causa di un’infiammazione delle ghiandole sebacee, presenti vicino ai bulbi piliferi. Esse producono sebo, una sostanza con una consistenza oleosa che, se presente in quantità eccessive sulla pelle, può determinare la proliferazione dei batteri dell’acne e l’insorgenza di brufoli. L’acne può comparire durante il periodo adolescenziale, come esito degli sbalzi ormonali fisiologici, e risolversi spontaneamente con la crescita. Tuttavia, alcune forme possono permanere anche nella vita adulta, causando notevoli disagi in uomini e donne.

Quali sono le cause dell’acne

Le cause scatenanti dell’acne sono molteplici e riguardano sia fattori genetici sia ambientali. I principali includono:

– Farmaci: alcuni medicinali, come ad esempio quelli di tipo steroideo, possono provocare brufoli e inestetismi della pelle, quali punti neri, papule e pustole;

– Cosmetici e prodotti di make up: alcuni prodotti cosmetici possono contenere agenti comedogeni che ostruiscono i pori, determinando l’infiammazione delle ghiandole sebacee e l’insorgenza di sgradevoli foruncoli sulla cute;

– Fattori ereditari: i fattori genetici hanno un ruolo fondamentale nell’insorgenza dell’acne e possono tramandarsi all’interno della stessa famiglia, provocando forme più o meno gravi della malattia;

– Periodo mestruale e gravidanza: i cambiamenti ormonali nella donna, durante il ciclo mensile o in seguito ad una gravidanza, possono influenzare la produzione di sebo della pelle e favorire la comparsa di brufoli;

– Sudorazione eccessiva: alcune ricerche hanno dimostrato che la sudorazione eccessiva, dovuta al caldo e all’umidità, può determinare la fuoriuscita di puntine e foruncoli;

– Alimentazione: recenti studi scientifici hanno evidenziato una correlazione tra una dieta a base di alimenti ricchi di zucchero e il consumo eccessivo di latticini e l’insorgenza dell’acne.

Acne: i rimedi efficaci per combatterla

Esistono molti rimedi efficaci contro l’acne che possono favorirne la scomparsa e ripristinare il benessere e la bellezza della pelle. Quando la malattia insorge a causa di fattori ambientali legati allo stile di vita del soggetto può essere utile correggere alcune abitudini, riguardanti ad esempio l’alimentazione e le pratiche di igiene quotidiana della pelle, per determinare la guarigione. Tuttavia, nei casi più gravi, può essere necessario ricorrere all’utilizzo di farmaci. Tra questi abbiamo:

– Farmaci topici: creme e lozioni medicinali possono essere applicate direttamente sui brufoli, svolgendo un’azione antinfiammatoria e seboregolatrice, al fine di ripristinare il benessere della cute ed eliminare gli inestetismi associati alla malattia;

– Farmaci sistemici: i medicinali ad uso orale possono essere prescritti quando le creme risultano inefficaci. I più utilizzati riguardano: contraccettivi a base di estroprogestinico, impiegati per combattere i disturbi ormonali che possono provocare l’insogerza di brufoli sulla pelle, antibiotici, combattono i batteri che causano l’infiammazione della cute, e l’isotretinoina, si tratta di un potente farmaco che agisce su tutti i fattori scatenanti della malattia e viene somministrato solo nelle forme gravi poiché può provocare alcuni effetti collaterali come secchezza delle mucose e, raramente, danni al fegato.

Infine, esistono alcuni rimedi naturali contro l’acne che possono migliorare l’aspetto della pelle, facendola apparire più pulita e levigata. L’assunzione di alcune sostanze naturali come l’agnocasto e il tè verde possono aiutare a combattere gli squilibri ormonali durante il ciclo mestruale, favorendo una riduzione dei sintomi associati e degli inestetismi cutanei. L’olio di Melaleuca, conosciuto anche col nome di Tea Tree Oil, invece, può essere applicato localmente sui brufoli, determinandone la scomparsa nel giro di pochi giorni.